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MEDITAZIONE XVII

Orietur vobis... sol iustitiae et sanitas in pennis eius.(Malach. IV, 2).

Verrà il vostro medico, disse il Profeta, a sanare gl'infermi; e verrà veloce qual uccello che vola e qual sole che in uscir dall'orizzonte subito manda la sua luce all'altro polo. Ma eccolo, è già venuto. Consoliamoci e ringraziamolo. Dice S. Agostino: Descendit usque ad lectum aegrotantis;1 viene a dire, sino a prender la nostra carne, mentre i corpi sono i letti delle nostre anime inferme. Gli altri medici, per quanto amino i loro infermi, cercano bensì di metter tutta la cura per guarirli; ma qual medico per sanare l'infermo si assume mai il suo morbo? Gesù Cristo è stato quel solo medico che si è caricato delle nostre infermità affin di guarirci. Né ha voluto mandar altri, ha voluto venire egli stesso a far questo pietoso officio, per guadagnarsi tutto il nostro amore: Languores nostros ipse tulit, et dolores nostros ipse portavit (Is. LIII, 4). Ha voluto col suo medesimo sangue sanar le nostre piaghe e colla sua morte liberarci dalla morte eterna a noi dovuta. In somma egli ha voluto prender l'amara medicina d'una vita continua di pene e d'una morte acerba, per ottenere a noi la vita e liberarci da tanti nostri mali. Calicem quem dedit mihi Pater, non bibam illum? diss'egli a S. Pietro (Io. XVIII, 11). Fu dunque necessario che Gesù Cristo abbracciasse tante ignominie, per sanare la nostra superbia: abbracciasse una vita così povera, per sanare la nostra cupidigia: abbracciasse un mare di pene sino a morire di puro dolore, per sanare la nostra avidità de' piaceri del senso.